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CARSO GORIZIANO

site GORIZIA · ITALY

Intervenire su un territorio tanto peculiare come il Carso ci ha fatto riflettere profondamente su quale potesse essere la migliore strategia d’intervento per poter realmente valorizzare questo territorio senza però che l’intervento umano andasse a turbare il delicato equilibrio tra natura e storia che regola queste colline. Una volta rivisitati i tre luoghi destinati agli interventi principali la nostra attenzione è stata attirata da ciò che c’era “in mezzo”, o meglio da come i tre luoghi si coniugassero tra di loro. Se Monte San Michele rappresenta la crudeltà della Grande Guerra, Redipuglia la consacrazione retorica dell’amor patrio e del coraggio e Castellazzo la forza della natura carsica, la somma delle singole esperienze male delinea una visione generale della complessità dei luoghi. Il nostro scopo quindi deve essere quello di guidare il fruitore all’interno della complessità del territorio in modo che l’intervento progettuale si tramuti in una aiuto concreto alla percezione del paesaggio. Tutta questa area è stata interpretata come una specie di infrastruttura paesaggistica e storica, un tessuto connettivo che salda insieme i tre elementi principali e ne consente una lettura più ampia e integrata. Riportane alla luce alcuni, evidenziarli attraverso l’installazione di elementi in grado di sottolinearli e renderli visibili, significa, a nostro avviso, aggiornare il nostro rapporto con il paesaggio e al tempo stesso suggerire, dal punto di vista storico e paesaggistico, lo scenario ormai perduto del Carso. E gli strumenti per suggerire si concretizzano attraverso degli object trouvè che costituiscono allo stesso tempo un intervento di land art e un valido ausilio alla lettura del luogo. 

S. Michele è, tra i tre ambiti, quello che già oggi si configura come il più adatto alla funzione didattico–divulgativa e come il luogo migliore per un sintesi assoluta tra storia e paesaggio. Questa idea di sintesi è diventata quindi il punto di partenza del nostro percorso e da questa sono partite una serie di domande che hanno indirizzato tutte le scelte di progetto. Come inserirsi nel contesto, caratterizzarlo e valorizzarlo? Come creare qualcosa che sembrasse nato col e dal territorio? Come creare qualcosa di atemporale, che fosse allo stesso tempo monumento e paesaggio, invisibile ma fortemente caratterizzato? Come dissolvere la monumentalità nel contesto? Come occultarsi, nascondersi ma essere immediatamente riconoscibili? Per tradurre in pratica questo sottile gioco di opposti (e trovarne quindi una sintesi) siamo ricorsi a un’ immagine che potesse aiutarci a concretizzare e a rendere tangibili tutte le istanze su cui volevamo lavorare. E l’immagine è il labirinto. Il labirinto nella sua accezione più prossima al mito classico, che riporta alla mente quello costruito da Dedalo a Creta per imprigionare il Minotauro. Un’ intuizione quindi, formale in prima battuta, che è stata poi sottoposta a una serie di continue verifiche e che, ogni volta, è riuscita ad accogliere e a far sviluppare i diversi temi che ci sembravano importanti per la realizzazione del nuovo museo all’aperto di S. Michele.

L’ambito di Boberdò sul Lago e in particolar modo il Belvedere di Castellazzo sono luoghi particolarmente affascinanti non solo per le vestigia storiche o per la grande diversità ambientale, ma per l’eco ancestrale e arcano che queste terre indiscutibilmente suscitano. L’intervento si identifica quindi con il grande percorso che nasce dalla topografia del terreno, si snoda dalla sponda sud del lago, lo attraversa, inizia a salire, passa da punti strategici , forma nuove zone di soste per godere del panorama e riposarsi, per convertirsi, nel punto più alto, in un anfiteatro, spazio effimero, dove artificale e naturale perdono i confini e sfumano uno nell’altro.

A Redipuglia ci troviamo di fronte a un monumento che ha l’ambizione a diventare territorio, a sovrapporsi e a introiettare il paesaggio, regolarizzandolo ma allo stesso tempo seguendone la morfologia. Il progetto è quindi solo un gesto, una rotazione di 360 gradi svolta da una persona posta sull’asse del monumento ma fuori da esso, in quel podio di pietra carsica che è il terreno alle sue spalle. E’ una rotazione su se stessi, dello sguardo, che corrisponde, come segno planimetrico, a un cerchio, grande, di raggio 60 metri, che può reggere la scala di Redipuglia. Uno spazio dell’astrazione, che riesce ad accordarsi con il sacrario segnandone una sorta di conclusione ma che può essere letto anche come intervento autonomo, successivo.
  • site - GORIZIA · ITALY
  • team - PISAA · OAB · ROSSO19
  • date - 2010 · COMPETITION · SHORTLISTED